Un posto al sole, Andrea Pacelli dal Covid al set: «Un raggio di sole»

Pubblicato il 7 Novembre 2021 alle 20:00

L’attore della soap opera di Rai 3 ha svelato aneddoti e retroscena sulla sua esperienza sul set e sul personaggio di Mattia.

Un posto al sole, Andrea Pacelli dal Covid al set: «Un raggio di sole»

Andrea Pacelli, da diverse settimane, è al centro delle trame di Un posto al sole grazie al controverso e problematico personaggio di Mattia, il rider del Vulcano che ha aggredito brutalmente Susanna Picardi mandandola in coma. Lo abbiamo incontrato in esclusiva e gli abbiamo chiesto notizie circa il destino di Mattia e aneddoti sulla sua carriera artistica.

Andrea, innanzitutto grazie per aver accettato di rilasciarci questa intervista. Partiamo dal tuo sogno di diventare attore: quando hai sentito la vocazione per la carriera artistica? Qual è stato il tuo percorso?

Ero un adolescente irrequieto e facevo tanti casini. Lì, al primo laboratorio teatrale che ho frequentato, ero libero. Fin troppo libero, direi quasi ingestibile. Non ero bravo, non sapevo cantare, non sapevo ballare, né usare il mio corpo e tante altre cose… e allora ho studiato di più. Il laboratorio era di Fabrizio Miano, e grazie ai suoi consigli e ai suoi insegnamenti sono riuscito a comprendere quanti sacrifici bisognava fare e l’importanza di quelle regole che differenziavano uno “scherzo qualsiasi” dal “gioco del teatro”.

Poi ho avuto la fortuna di incontrare Michele Monetta che è stato un punto di riferimento. Con lui ho fatto il biennio di mimo corporeo all’Icra Project e l’Atelier di commedia dell’arte a Roma e alcuni stage che organizzava, dove incontrai - ancora giovanissimo - Glauco Mauri, Roberto Sturno, Salveti, mentre mi diplomavo in Musical alla scuola Mind The Gap. Ad un certo punto sono arrivati i primi lavori in teatro, sul Web, in televisione e anche qualcosina al cinema.

Nel 2016 arrivai in finale all’Hystrio e vincemmo con “Strade d’Amare” una menzione speciale a Venezia, ero arrivato in ultima fase al Teatro Stabile di Torino, ma non fui selezionato. L’anno dopo sono entrato all’Accademia d’Arte del Dramma Antico dove ho fatto gli incontri più belli e importanti della mia vita. E parlo in primis dei colleghi, con i quali tutt’oggi lavoro, e dei tantissimi maestri.

Esiste una mia vita prima e dopo questi incontri magici, fatti da sveglio. E così mi sono trovato di fronte a Paolo Rossi, Carlo Cecchi, Tullio Solenghi, Massimo Lopez, maestri della comicità, Elisabetta Pozzi stessa e tanti altri grandi di un teatro che resiste. E ora tra la veglia e il sonno, vado avanti… e vedrò poi che succederà.

Il teatro è sicuramente il centro della tua vita, parlaci delle tue esperienze e dei progetti che stai portando avanti in questo momento.

Esco da un periodo di lavoro piuttosto intenso. Il lavoro “Off” con i colleghi ha iniziato a portare i suoi primi successi e le sue prime sconfitte (sfide in cui non si calibrano le forze). Mi sono trovato a viaggiare per più di 10.000 km ad agosto lavorando in più parti di Italia: stavo girando Upas a Napoli, lavoravo con i miei colleghi in Sicilia, poi sono andato nella Locride per fare le Tesmoforiazuse con la regia di Elisabetta Pozzi con un gruppo di persone squisite, piene di energia e pensieri liberi.

Tutto questo mi ha riempito tantissimo. Ma questo lavoro fa così: ti riempie e ti svuota. E quando ti svuota è facile lasciarsi andare. Ma io mi butto sempre e velocemente in cose nuove, per evitare la stasi. Sono infatti in una fase dell’anno di “semina”, studio e metto ordine.

Mi hanno da poco chiamato a fare uno spettacolo a Milano, nelle prossime settimane con un regista che volevo tanto conoscere e a gennaio dovrei andare alla Pergola alla scoperta del Teatro Americano con Giancarlo Sepe. Intanto sto aprendo un’Associazione di Promozione Sociale con dei colleghi, il TeatroVan, un nome in via di definizione, per poter racchiudere sotto un solo nome alcuni degli spettacoli (ad esempio gli Amori Ridicoli, che spero di poter portare presto a Napoli) e dei progetti che stiamo portando in giro, oltre ad avere una struttura burocratica che ci permetta di creare un percorso solido e uno storico. Un terreno su cui poter costruire insomma qualcosa che resti. E poi mi lascerò stupire…

Andrea Pacelli e il provino per Un posto al sole: «Non era il mio momento»

Come sei approdato ad Un posto al sole? Raccontaci il tuo provino.

È una storia piuttosto curiosa. Ero a Siracusa per girare il film di Taviani e il Cyrano con Peter Dinklage e in più stavo per iniziare le prove di uno spettacolo e intanto avevo ricevuto un sacco di chiamate di occasioni e provini. Un’altra chiamata bellissima, tra le altre, da Brescia per un provino a cui tenevo tanto. Dopo aver girato come attore con Taviani le mie giornate a Catania chiedo di poter seguire il film in regia e mi accettano. Sembrava veramente arrivato “il mio momento”. Se non fosse che la mia ragazza di allora, che doveva fare anche lei il film Americano, risulta positiva al Covid.

Siamo in Ottobre 2020. Mi mettono in quarantena, mi saltano le ultime giornate con Taviani come assistente alla regia, lo spettacolo, il film con Peter Dinklage. Ma… mi chiama il mio agente e mi manda il materiale per fare il provino per Un Posto al Sole. Iniziavamo a stare un po’ male in casa, giro il provino con le ultime forze che avevo e lo invio. Il giorno dopo ero positivo al Covid. Salta il provino a Brescia, e quello spettacolo non si farà più. Sono rimasto in quarantena per un bel po’. Quando sono guarito era tutto chiuso di nuovo ed eravamo in zona rossa. Non era il mio momento. Falsa partenza.

Come sei stato accolto sul set della soap opera partenopea?

A Febbraio scopro di essere stato preso ad UPAS, ed è stato molto emozionante per me. I miei genitori la guardano tutti i giorni, avevo anche pensato di non dirglielo e farmi trovare dentro la tv come se fosse un errore. Insomma, dopo un po’ di mesi difficili è stato veramente un raggio di sole. Dalla redazione, ai costumi al set la cortesia, il rispetto e il divertimento era costante. È veramente una famiglia, ci sono persone che lavorano lì da tanti anni, che sono state più tempo con i colleghi che con i familiari. Mi sentivo quasi in imbarazzo ad essere accolto così bene. Un ospite in una casa meravigliosa.

Sul set ho trovato una tecnica di lavoro completamente diversa a quella a cui ero abituato. Tempi stretti e tanta efficienza. Ero lento per quella macchina, ci ho messo un po’ a capire di quanto fondamentale sia ogni elemento in quella grandissima catena di montaggio e a quante cose bisogna fare attenzione. Ci sono tante persone che ho incontrato e che porto comunque nel cuore e spero di rivedere presto, sul lavoro o anche altrove perché hanno veramente una bella energia.

Il personaggio di Mattia, centralissimo in questo momento ad Un posto al sole, ha letteralmente conquistato il pubblico che sta apprezzando la tua spiccata capacità di interpretare un ruolo particolarmente difficile e contraddittorio. Come riesci con così tanta abilità e maestria ad incarnare la doppia anima di Mattia che appare un ragazzo mite e pacato con chi si relaziona con lui, ma che all’occorrenza lascia emergere la sua indole violenta ed estremamente pericolosa?

Innanzitutto la ringrazio per questi complimenti e ringrazio anche tutto il pubblico che mi ha dimostrato con messaggi, chiamate, commenti virtuali e anche per la strada un affetto per me inedito. Non pensavo che un cattivo potesse ricevere tutto questo bene, se avessero dato a Mattia un decimo di quanto amore hanno dato a me, forse non si sarebbe comportato così con le povere protagoniste. Sono scene e momenti diverse, ho cercato di studiare il più possibile perché in realtà ero terribilmente preoccupato di una resa televisiva.

È la prima volta che mi affidano una responsabilità così grande fuori dal teatro, e tra l’altro non mi aspettavo acquistasse questa centralità. La cosa che ho cercato di fare è distinguere chiaramente i filoni mentali di Mattia, costruendolo come se fossero in realtà più persone che parlano dallo stesso corpo. È stato un lavoro molto divertente.

Puoi dirci da dove nasce la rabbia di Mattia? Ti rispecchi in qualche caratteristica del suo carattere?

È trasparente. Nessuno considera la sua sensibilità, la sua reale capacità di amare. Vorrebbe essere forse come gli altri, ma ha una parte oscura che a volte emerge che non gli permette di domandare amore in modo normale e civile, ma lo porta quasi a pretenderlo. È sicuramente un patologico. In tutte le caratteristiche del suo carattere che non si manifestano ci sono io. Quella sua voglia di dare, di scherzare e di socializzare. E forse anche un pizzico di inadeguatezza… è mia.

Un posto al sole, Andrea Pacelli sul personaggio di Mattia: «Continuo a essere un insospettabile»

Sappiamo che non puoi anticiparci nulla, ma i fan di Un posto al sole, particolarmente impressionati dal tuo talento, sperano che Mattia non esca di scena: possiamo sperare che il tuo personaggio animi ancora a lungo le vicende della soap?

Se non mi dovessero scoprire rimarrò ancora per un po’. Alla fine solo il pubblico per ora sa che sono stato io, ma continuo a essere un insospettabile.

Svelaci qualche aneddoto sulla tua vita privata: come ami trascorrere il tuo tempo libero? Quali sono le tue passioni?

Sono fasi. Mi piace molto ultimamente fare Spartan Race, che è una corsa a ostacoli dove si scavalcano muri anche di 5 metri senza protezione e si corre veramente per tanti chilometri - perché mi piace molto fare attività fisica, di ogni tipo, soprattutto il circo e la giocoleria. Sto cercando un nuovo tipo di danza o acrobatica a cui approcciare. L’attività che preferisco su tutte però è sempre viaggiare. Si può viaggiare fisicamente o nel modo che io preferisco: senza fare il biglietto e senza spostarsi. Leggendo un libro, un testo nuovo o incontrando una nuova persona.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Vivere a pieno tutto quello che arriverà e continuare a sognare, lottare e soprattutto desiderare.


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